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Saggio di Paolo Ciofi pubblicato da Critica Marxista sul numero 4-5 del 2017 nella Sezione Osservatorio
Il programma economico della Costituzione:
un confronto con Giorgio Lunghini e Luigi Cavallaro.
I problemi che nascono dallo svuotamento dello Stato nazionale
e dalla possibilità reale di incidere dei lavoratori nella vita pubblica.
La questione centrale della proprietà.
Dall'impianto costituzionale emerge una visione culturale e politica
che va al di là delle ricette di Keynes.
Cosa vuol dire, nelle condizioni del mondo di oggi, lottare per l'applicazione della Costituzione del 1948, che fonda sul lavoro la nostra Repubblica democratica? Il tema, ignorato per anni e colpevolmente messo in sonno dai partiti subito dopo il clamoroso risultato del referendum del 4 dicembre 2016, che ha respinto la controriforma renziana orientata a deformare l'assetto costituzionale secondo gli interessi del capitale finanziario e di un'oligarchia di comando, è stato con efficacia riproposto all'attenzione del dibattito pubblico dall'Assemblea per la democrazia e l'uguaglianza, organizzata da Anna Falcone e Tomaso Montanari al teatro Brancaccio di Roma il 18 giugno scorso.
In questo nuovo contesto indubbiamente suscita interesse il saggio di Giorgio Lunghini e Luigi Cavallaro dal titolo La Costituzione come programma economico, pubblicato sul numero 4/2017 di Micromega in un almanacco di economia che esplicitamente propone di «tornare a Keynes». Una visione che, sebbene gli autori non lo dichiarino in modo esplicito, sul terreno politico inevitabilmente ci riconduce al compromesso socialdemocratico, e dunque alla pratica politica del riformismo. Anche perché, come essi stessi sottolineano, l'economia è una disciplina in cui «l'elemento politico ha un peso importante e perfino determinante». Andiamo a vedere.